L’Amplificatore

6 09 2007

Perchè non è possibile chiamarlo trasformatore? Qual’è il suo ruolo nel sistema e come funziona? Ecco brevemente una piccola carta d’indentità di uno dei dispositivi fondamentali per la buona riuscita del nostro impianto.

Un amplificatore è un dispositivo che in sintesi non fa altro che moltiplicare un segnale in ingresso, ed in base alla tipologia di progettazione migliorarne anche la qualità, per rendere l’ascolto il più fedele possibile all’evento originale. Questo fattore di moltiplicazione viene chiamato guadagno, il quale appunto mi dirà di quante volte viene aumentata l’ampiezza del segnale che gli consegniamo proveniente dall’autoradio (tecnicamente definisce l’ampiezza della funzione di trasferimento dell’amplificatore). Si tratta di un’apparecchiatura denominata attiva (come avevamo visto alcuni crossover, ad esempio), poichè l’energia impiegata per effettuare l’amplificazione vera e propria proviene da una fonte diversa da quella di ingresso. Ed ecco il perchè sia scorretto chiamarlo trasformatore, perchè in un trasformatore non vi è assorbimento di energia esterna, e il valore in uscita verrà ottenuto traendo energia dal valore in ingresso (come appunto nel trasformatore elettrico). Nel car-audio le categorie di amplificatori sono 2: amplificatori valvolari (a triodi termoionici) e amplificatori a stato solido (a transistor, bjt, fet, jfet, mos-fet), ognuna delle quali tecnologie mostra caratteristiche profondamente diverse.

La Potenza
E’ uno dei primi parametri che incontriamo, e viene espresso solitamente (se parliamo di prodotti di qualità) in rms (acronimo di Root Mean Square, radice della media dei quadrati). In sostanza ci dice la quantità di segnale che i transistor finali riescono a generare, prelevando in ingresso un segnale pre-amplificato e moltiplicandolo per il famoso guadagno di cui si parlava prima. Questo importante parametro viene però calcolato collegando all’uscita dei finali un carico puramente resistivo (e ricordiamo come invece l’altoparlante non lo sia, concetto già introdotto anche nell’articolo sui crossover). Si applica in sostanza un segnale in ingresso, di forma sinusoidale, il quale viene poi aumentato man mano fino ad ottenere un livello sufficientemente alto con una distorsione sufficientemente bassa.
Ecco perchè la POTENZA in sè di un amplificatore non ci racconta molto, dato che la resa REALE dipenderà innanzitutto dal fatto che l’altoparlante da pilotare non è MAI un carico puramente resistivo, e dal fatto che venga enunciata in relazione al suo THD (distorsione armonica totale). Per assurdo lo stesso amplificatore da 50W potrebbe arrivare a generarne 500 ma con un THD ben più elevato. Quindi stiamo attenti anche a questo parametro (e a quello che leggiamo sui telai di ampli di dubbia provenienza): non importa quanta potenza l’amplificatore generi, ma quanto segnale indistorto riesca a sviluppare. Piccola parentesi sul concetto gain/volume/distorsione (tanto per ricordarci che quello che ci raccontano non è sempre sacrosanto).

Gli stadi di amplificazione
Un amplificatore è composto sostanzialmente da due unità, accoppiate (finali a transistor e alcuni valvolari) o divise su due telai (amplificazione Hi-end domestica). Una si chiama stadio di pre-amplificazione e una stadio di amplificazione finale. La prima ha il compito di elevare il più possibile (con alto guadagno) mantenedo la massima fedeltà, mentre la seconda è in grado di dare al segnale la potenza necessaria per essere poi udibile tramite un altoparlante.

Rendimento
Altro importantissimo valore è il rendimento: ci spiega in sostanza, in forma percentuale, quanta energia “esca” rispetto a quella “entrata” e di conseguenza quanta ne è stata “sprecata”. Ogni amplificatore, a seconda della sua classe (che spiegheremo tra poco brevemente) ha una sua efficienza. Si applica in ingresso il massimo segnale sinusoidale tale che in uscita si abbia la massima potenza senza distorsione (come prima per il calcolo della potenza). Si misura l’effettiva potenza sul carico e si misura la potenza erogata dall’alimentatore. Calcolando poi il rapporto tra queste due variabili, otterremo il valore richiesto: un finale con rendimento dell’80% ci dice che di 100W assorbiti, 80 sono stati inviati all’altoparlante e 20 consumati in dipersioni, calore ecc.ecc. Prima abbiamo detto che l’amplificatore, non essendo un trasformatore, non traeva energia dal segnale, per amplificare. Ed è ovviamente ancora vero, l’efficienza appunto non menziona il SEGNALE IN ENTRATA ripetto a quello in uscita, ma l’ENERGIA ASSORBITA dalla famosa fonte ESTERNA (l’alimentatore) rispetto a quella resa al carico.

Le classi di funzionamento
Le più comuni, in campo car audio, sono:

– Classe A
– Classe AB
– Classe D

La classe A amplifica costantemente tutta l’onda sinusoidale e lavora in polarizzazione, costante anch’essa, dei finali, anche quando il segnale è assente (è come se l’ampli fosse sempre al massimo del volume, anche quando è acceso ma non riproduce alcun suono). Si tratta di amplificatori di elevatissima qualità, la superiore ottenibile, ma presentano un elevato consumo di energia, dato dalla costante dissipazione di calore (e quindi basso rendimento percentuale) e vengono quindi utilizzati in amplificazioni di basse potenze.

La classe AB, è la “fusione” tra due circuitazioni di classe di funzionamento differente (classe A e classe B accoppiate), dove i transistor verranno chiamati a coppie a lavorare solo quando serve e amplificando ognuno una sola semionda (negativa e positiva). Gli amplificatori più diffusi nel campo car-audio sono indubbiamente questi, con elevata potenza e dissipazione minore data dalla classe B, ma una qualità inferiore rispetto alla classe A.

La classe D è la classe di funzionamento degli amplificatori a commutazione che elaborano un segnale digitale. Lavora esclusivamente, in campo audio, a valle di un circuito PWM (Pulse Width Modulation, modulazione di ampiezza d’impulso) dove una corrente elettrica viene modulata in funzione del segnale audio in ingresso, per poi essere inviata agli altoparlanti attraverso una rete di filtraggio che elimina la componente ad alta frequenza e ricostruisce il segnale sonoro. Questi amplificatori hanno un’ottima efficienza (90%) e un peso e ingombro limitati anche per potenze di uscita elevate, sono quindi più piccoli, più veloci e necessitano di dissipatori di dimensioni ridotte. Ottimi per SPL e SoundOut (visto che spesso e volentieri sono solamente monofonici).

E vediamo ora qualche altro parametro importante…

Riviste autorevoli indicano spesso valori più realistici rispetto ai datasheet dei cataloghi (fatti apposta per vendere). Come possiamo quindi difenderci, dato che non abbiamo le conoscenze per capire le misure? Imparandole! Brevemente spieghiamo solo quelle che non abbiamo già trattato nel capitolo sugli altoparlanti a riguardo dei parametri T&S.

Caratteristica di carico limite
E’ a prima vista un grafico molto strano, poichè in una rappresentazione bidimensionale dichiara i rapporti tra tensione/corrente e resistenza/potenza. E’ utile per capire in che modo si comporta l’amplificatore al variare del carico collegato. Più le linee saranno verticali e più ci avviciniamo ad una rappresentazione di un generatore ideale di tensione, in grado di raddoppiare precisamente la potenza erogata al via via del dimezzarsi della resistenza elettrica del carico. Al contrario, più vediamo linee che nella parte alta curvano indietro e più quel finale mal digerirà carichi di bassa resistenza.
In più questo grafico ci dice anche il comportamento in base alla tensione di alimentazione (veicolo spento, veicolo acceso, batteria carica o meno) e potremo capire infatti se l’alimentatore è veramente stabilizzato così come ci hanno detto.

Potenza massima al clipping in regime continuo
In regime continuo, invece, possiamo notare il reale funzionamento dell’ampli. Più i valori sono simili a quelli in regime impulsivo e più l’amplificatore è di buona fattura, in relazione ai vari aspetti descritti analogamente dalla C.C.I. (variazione del carico, quindi, e stabilità dell’alimentazione).

Tritim 100 in regime impulsivo
Misura della distorsione di intermodulazione (TIM) rappresentata in un grafico tridimensionale (TRI) indica il rapporto tra frequenza, livello spettrale, potenza e ampiezza. Assomiglia (a livello concettuale) ma non prendiamola come un’analogia (mi raccomando!!!), alla rappresentazione della distorsione per differenza di frequenze e della distorsione armonica ai bassi livelli descritta nel paragrafo sull’altoparlante. In poche parole (anche se ne servirebbero molte) anche qui vogliamo capire se, collegando carichi particolarmente gravosi (leggi capacitivi) ed impegnativi, l’ampli sviluppi della distorsione di intermodulazione (inventi ed inserisca sull’uscita, delle frequenze inesistenti, e quindi dei suoni, che in realtà non sono registrati sul brano che stiamo ascoltando). Possiamo capire quanto intermodulerà pilotandolo con frequenze note di ampiezza via via variabile.

L’estensione in zona rossa della rilevazione serve a farci capire a livello ottico quanto e come si comporti bene anche oltre i dati di targa dichiarati dal costruttore…

Fattore di smorzamento
Il fattore di smorzamento ci dice a grandi linee (approfondiremo il perchè) quanto sia più o meno elevata la capacità del finale di controllare il movimento (inerzia) dell’altoparlante collegato.
Riconducendoci al link sopra citato, a riguardo dei parametri di T&S ed al Qes, scopriamo quale sia l’importanza della resistenza d’uscita in relazione a quella nominale di carico. La resistenza di uscita infatti, come ci spiega l’elettrotecnica, non è altro che la resistenza interna dell’amplificatore (generatore di tensione reale), la quale, schematicamente, verrebbe posta in serie a quella dell’altoparlante variando, anche se di poco, parametri quali appunto il Qes. E’ calcolato su tre frequenze distinte (100 Hz, 1.000 Hz e 10.000 Hz) ed è ovvio che più alto è e meglio è (interferisce cioè in maniera minore sul fattore di merito elettrico dell’altoparlante). Voglio aggiungere che dato fattore viene anche indicato in funzione di un valore “nominale” di impedenza, il quale trascura però la realtà dei diffusori, nonchè l’importanza dei cavi, approfondita in questo articolo.

Ora che abbiamo capito cos’è e come funziona, possiamo quindi imparare ad installarlo e a regolarlo.


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14 responses

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attaacare un vrx4,300 alle casse originali eliminando i controlli dall’amplificatore come si fa??? cosi da usare le regolazioni dell’autoradio jvc sh1000?
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