Iniziamo con l’introdurre la funzione di un Convertitore Digitale/Analogico generico: convertire la sequenza di “0” e di “1” in ingresso, in un segnale analogico in uscita (tensione variabile nel dominio del tempo) tramite “quantizzazione“, un segnale che possa poi essere eventualmente ascoltato dal nostro orecchio. Come fare? In sostanza, all’interno vi è un microprocessore, il quale assegna un numero N in base alla stringa di bit che in quel dato momento gli viene fornita. Questo N viene poi moltiplicato per il “quanto” Q, ovvero la minima differenza che il convertitore riesce a genereare (ad es. 1mV). E’ un pò incasinato vero? Spieghiamolo meglio…
Trattare un segnale digitale è possibile attualmente sfruttando la tecnologia del campionamento.
La curva che vedete qui sotto:
ci mostra un suono nel suo evolversi nel tempo. Con un certo intervallo, andiamo a leggere l’ampiezza della nostra onda, da un valore minimo ad uno massimo (dipendenti dal convertitore stesso). L’insieme di questi dati binari, riesce a descrivere in maniera abbastanza efficace il suono, anche se utilizzando passi discreti (punti) rispetto invece al segnale originale, una curva continua.
Passando alla pratica, nella stringa da 4 bit precedente, assegnamo il famoso numero N:
0111: N=0
1000: N=1
1001: N=2
1010: N=3
ecc.ecc.
che verrà poi moltiplicato per il “quanto” di 1mV ottenendo:
V1 = 0mV
V2 = 1mV
V3 = 2mV
V4 = 3mV
ecc.ecc.
Come è possibile notare, la differenza tra un valore e il suo successivo/precedente non può essere inferiore al valore del quanto, ciò significa che il convertitore NON è in grado di ricostruire la forma d’onda di un dato suono in maniera continua, ma solo a gradini, a passi, si dice, discreti. Lo vediamo bene in questo grafico dove andiamo a comparare i due suoni (prima e dopo la “cura”):
In quest’altra immagine vediamo la differenza tra due convertitori diversi e la loro “risposta”:
Tutto ciò porta a due fondamentali grossi problemi:
1. L’ampiezza del segnale viene catturata solo in determinati momenti, e non possiamo quindi sapere cosa accada tra un “momento” e il suo successivo…
2. L’ampiezza del segnale è esprimibile solo in relazione al numero di bit. Più lunga è la parola binaria (nel caso di 4 bit 16 parole diverse) e più elevato potrebbe essere il range di rilevamento e di calcolo. Ma al di fuori di ciò il convertitore presenta forti limitazioni, proprio perchè l’esiguo numero di parole che “conosce” sono di ben lunga inferiori alle parole “esistenti nel vocabolario”.
La soluzione?
1. Aumentare il numero di rilevamenti, ovvero diminuire il tempo tra una rilevazione e la successiva. Aumentare cioè la frequenza di campionamento. Per il noto teorema del campionamento, tra l’altro, la frequenza minima di campionamento non può essere inferiore al doppio della frequenza massima da campionare. In questo senso, quindi, dato lo spettro di udibilità, il “sampling” avviene 44100 volte al secondo, più del doppio dei 20000 Hz che siamo in grado di rilevare con il nostro orecchio, cosa parecchio rinfrancante, per lo meno.
2. Mandare a scuola il convertitore a studiare un pò di grammatica, di modo che possa conoscere più parole… Per fare questo bisogna quindi aumentare il numero di bit ai quali assegnavamo il famoso numero N che veniva poi moltiplicato per il quanto Q, e non invece diminuire il valore del quanto, o pregiudicheremmo la gamma dinamica, che stiamo tentando, al contrario, di risollevare. Mi spiego meglio, se mantengo parole da 4 bit e ho tra le mani un quanto da 1mV posso solo convertire da -8mV a +8mV (per le 16 possibili parole a disposizione). Se diminuissi il valore del quanto a 0.5mV, tentando di aumentare la precisione della parola, avrei comunque un range da -4mV a +4mV, che è peggio. Se invece passo da 4 bit a 8 bit, e mantengo il quanto ad 1mV, come era originariamente, le parole diventano già 256, e se raggiungo i 16 bit, come il Convertitore Analogico/Digitale in registrazione del CD, otterrò, con le 65536 parole, valori riprodotti da -32768mV a +32768mV. Mica male…
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